«La più grande buona azione è costruire un ponte», Ivo Andrić, “Il ponte sulla Drina”
Lunedì 12 maggio 2025 siamo tornati e tornate a Torino dall’undicesima edizione del Meridiano d’Europa, che si è tenuto a Sarajevo e Srebrenica, in Bosnia-Erzegovina.
Ora vogliamo ripercorrere insieme a voi alcuni dei momenti più salienti di questa esperienza!
Il viaggio
Siamo partiti e partite da Trieste mercoledì 7 maggio, dopo aver incontrato, nella prima plenaria, la profonda testimonianza di Azra Nuhefendic, giornalista di Sarajevo che dal 1995 vive e lavora a Trieste, aver ascoltato i saluti istituzionali di Mattia Vinzi, Europe Direct Trieste – Centro Eurodesk, e presentato i gruppi, con gli animatori e le animatrici di questa edizione.
Azra Nuhefendic ci ha portato la sua testimonianza, che ha inquadrato come vogliamo approcciare questa esperienza, e che abbiamo portato con noi lungo tutto il viaggio.
Abbiamo dedicato la prima giornata a Sarajevo, giovedì 8 maggio, all’esplorazione della città e della sua storia, complessa e delicata. Dopo una mattinata dedicata a conoscersi nei gruppi, con giochi e attività di ice-breaking, nel pomeriggio ogni gruppo ha seguito percorsi diversi esplorando Sarajevo, toccando tappe, musei, luoghi significativi che raccontano le storie della città.
Tra i momenti più intensi, ci sono stati quelli in cui abbiamo visitato la Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù, l’Antica Sinagoga di Sarajevo, la Moschea Gazi Husrev-beg: luoghi di culto, testimonianze della complessa diversità religiosa e culturale della quale abbiamo fatto esperienza in Bosnia-Erzegovina. I e le partecipanti hanno avuto l’occasione di osservare le “Rose di Sarajevo”, i crateri creati dalle granate che, dipinti di resina rossa, ricordano le vittime dell’assedio.
Il 9 maggio, Festa dell’Europa, abbiamo scelto di tornare a Srebrenica, a distanza di dieci anni dalla prima edizione del Meridiano d’Europa. È stata una giornata intensa e piena di commozione: i e le giovani, accompagnate da una guida del Memoriale di Srebrenica, hanno attraversato il Memoriale e Cimitero di Srebrenica-Potočari per le Vittime del Genocidio del 1995, camminando accanto alle lapidi bianche che crescono in numero ogni anno, man mano che vengono trovate ulteriori vittime, e visitato la base che ospitava le Nazioni Unite e che oggi è diventata un Museo, per guardare le video-testimonianze delle persone sopravvissute ai massacri e ascoltare la ricostruzione storica di ciò che è successo a Srebrenica e nelle zone limitrofe.
Nella giornata del 9 maggio, alcune domande ci hanno guidati e guidate nella riflessione: come agiamo, oggi, per rendere giustizia a questa memoria? Come ci impegneremo per contribuire a rendere l’Europa un luogo di reale tutela di tutti i diritti umani?
L’elaborazione di come rispondere a queste domande è continuata il giorno dopo, sabato 10 maggio: la penultima giornata del Meridiano d’Europa è stata dedicata alla rielaborazione e all’interconnessione tra passato e presente.
I e le partecipanti hanno ascoltato le testimonianze di Anna Maria Boario, volontaria in Croazia dopo le guerre degli anni Novanta, di Edoardo Daneo, Direttore Operativo del Coordinamento Comuni per la Pace, e di Carlo Garrone, Presidente del COCOPA, prendendone spunto per riflettere nei gruppi: come contribuire alla costruzione di pace, oggi, a livello personale e collettivo?
Nel pomeriggio i gruppi hanno partecipato ad un World Café con alcune delle organizzazioni sociali attive a Sarajevo. Abbiamo incontrato Mersiha Turudija di Education Builds BiH – Jovan Divjak, che sostiene l’educazione di giovani provenienti dai contesti di guerra, Ajsa Kocan e Lejla Pleh di CURE Foundation, organizzazione femminista per l’empowerment delle donne in Bosnia-Erzegovina, Ajna Mešić di Youth Initiative for Human Rights – Bosnia and Herzegovina, che lavora per rafforzare il ruolo dei giovani sul territorio, Amina Sejfić di Post-Conflict Research Center (PCRC), ONG che si occupa di promozione della pace e prevenzione dei conflitti; Emir Zulejhic di Zašto ne (Why not), organizzazione civica che promuove il giornalismo indipendente e il fact-checking, Adna Rizavan di OKUP Bugojno, che usa il teatro come strumento di dialogo e trasformazione sociale.
Domenica 11 maggio, a conclusione del viaggio educativo, abbiamo scelto di chiudere l’esperienza con una grande plenaria conclusiva, per dare voce ai pensieri e alle emozioni maturate dai e dalle partecipanti durante i giorni passati insieme a Sarajevo e Srebrenica. I e le giovani hanno parlato davanti all’assemblea, raccontando al microfono i momenti di questo viaggio che più li hanno toccati e che li spingeranno a continuare ad impegnarsi sui propri territori, con le proprie associazioni di riferimento, per continuare a cucire e ricucire insieme. E proprio in questi giorni abbiamo cucito insieme, simbolicamente, tutti i quadrati di stoffa sui quali ognuno, a Srebrenica, ha scritto le proprie riflessioni durante la giornata al Memoriale. Che questo lavoro collettivo ci accompagni al rientro nella nostre città, per continuare a costruire ponti, mai muri: iniziamo a farlo cucendo insieme tutti i quadrati di stoffa, a formare una coperta simbolica fatta delle nostre parole. Per raccontare l’Europa che vogliamo, e che dovremo continuare a costruire, per renderla finalmente giusta e inclusiva.
Le video-interviste
Nell’ambito del viaggio, l’ufficio stampa di ACMOS, in collaborazione con Simone Modugno, giornalista e videomaker triestino, ha realizzato quattro video-interviste a persone e organizzazioni incontrate durante il viaggio.
Abbiamo intervistato Azra Nuhefendic, giornalista e scrittrice di Sarajevo che collabora con il quotidiano “Il Piccolo” ed è corrispondente per l’Osservatorio Balcani Caucaso: “Le guerre possono accadere ovunque e a chiunque: ho vissuto in Jugoslavia, un paese europeo, pensando che avrei avuto una vita lineare, senza guerre. Bisogna imparare, per potersi proteggere: la protezione più efficace è la democrazia“,
la guida turistica bosniaca Amela Čengić, specializzata in cultura, storia e politica di Sarajevo: “C’erano due lati: chi assediò la città, lasciando la popolazione intrappolata, senza cibo, senza acqua, e chi invece credeva nella convivenza e nella possibilità di vivere insieme. Per quattro anni abbiamo difeso la città, sostanzialmente, con i nostri cuori”,
Azir Osmanović, curatore del Memoriale di Srebrenica: “I giovani possono venire qui e conoscere il genocidio, per cercare di prevenire altri crimini di guerra nel mondo. Dopo ogni crimine di guerra diciamo mai più, ma continua a succedere”,
Ajna Mešić di “Youth Initiative for Human Rights – Bosnia and Herzegovina” e Ašja Kočan di “CURE Fundation”: “Le nuove generazioni di giovani stanno costruendo una società che possa favorire un dialogo tra le diverse nazionalità e religioni”.
Trovi tutti i video e le interviste a questo link!